Ellisolandia elongata è un’alga rossa (Rhodophyta) che, come tutte i vegetali, terresti e marini, svolge il processo di fotosintesi, ovvero produce ossigeno catturando anidride carbonica (CO2) dal mare. Essendo un’ alga corallina, inoltre, è in grado di depositare carbonato di calcio (CaCO3) nelle sue pareti cellulari attraverso la calcificazione, conferendo alle sue fronde un aspetto ‘corallino’ (figura 1) che le garantisce una buona resistenza al moto ondoso e ai predatori. Le fronde di E. elongata sono raggruppate in ‘cespugli’ e la specie crea una vera e propria ‘frangia’ tra gli 0 e 5 m di profondità; queste architetture (biocostruzioni), completamente o parzialmente sommerse, contribuiscono a promuovere la diversità biologica, creando un habitat ideale per una vasta gamma di specie, tra cui policheti, crostacei, molluschi ed echinodermi, nei diversi stadi di sviluppo.

Figura 1. Ellisolandia elongata e Mytilus galloprovincialis. Foto: S. Scarpa.

Nella baia di S. Teresa l’alga corallina è ampiamente diffusa, si trova sulla scogliera artificiale esterna alla baia, su tutto il perimetro dei pontili galleggianti e sugli scogli affioranti. Essendo uno degli ecosistemi marini dominanti nella baia nella fascia di marea, quindi in contatto diretto con l’atmosfera, fornisce importanti servizi ecosistemici tra cui la promozione della biodiversità e la regolazione del clima. Ma quanto e come l’ecosistema costituito da quest’alga contribuisce nell’assorbimento e stoccaggio della CO2 aiutandoci nella lotta al cambiamento climatico? Smart Bay S. Teresa, in collaborazione con la Stazione Zoologica di Napoli (F. Ragazzola) e l’Università di Torino (M. Battuello) sta realizzando studio pilota per quantificare le risposte metaboliche (respirazione, fotosintesi e calcificazione) dell’ecosistema ad E. elongata in ambiente (figura 2 A,B) con il fine ultimo di quantificare la capacità di stoccaggio di CO2 da parte della frangia ad Ellisolania elongata presente nella baia.

     

A.                                                            B.

Figura 2. Camera per lo studio del metabolismo di in situ (CISME) durante gli esperimenti condotti nella baia di Santa Teresa. A. Posizionamento del ‘cervello’ del CISME sul pontile; B. ‘Testa’ e camera di incubazione sul fondo della baia (1 m) durante le fasi di misura. Foto: S. Scarpa. Il progetto, tesi triennale di Sara Scarpa (Università di Torino), è in fase di svolgimento e consentirà di ottenere i primi ed innovativi dati relativi al metabolismo dell’ecosistema in situ, grazie all’utilizzo del CISME di proprietà ENEA. Questi dati preliminari sono necessari all’avvio di un monitoraggio a lungo termine volto a valutare il contributo di questo ecosistema alla mitigazione al cambiamento climatico nella baia di S. Teresa.

Notizia a cura di: S. Scarpa, S. Lorenzini, E. Gabrielli

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